Leonardo Pappone è nato nel 1958 a Montefalcone di Val Fortore, in provincia di Benevento.
Dopo stagioni di lavoro industrioso, pienamente innestato nella ricerca del segno e dell’esplorazione cromatica, Leonardo Pappone, approccia ora la questione neo-modernista, traguardando gli stilemi identitari della Pop Art con schemi e rielaborazioni di assai significativo e convincente esito.
La sua produzione si identifica in astrazioni verticali, con connotati di modernismo pluridirezionato.
Elementi verticali e trame urbane, volumi aggettanti e prospettive zenitali, dunque, che rilasciano visioni inedite, con lo skyline che diviene elemento di straordinaria seduzione prospettica, con l’architettura che diviene protagonista ritornante. Il lessico di Leonardo Pappone affonda le radici nella verticalità dell’arte gotica, sul desiderio ancestrale dell’uomo di elevarsi in direzione dell’Onnipotente, nel ricercare le ragioni dell’esistenza attraverso le presenze totemiche che sfidano le altezze. Ad animarle è il colore, con un pannel cromatico di forte impatto espressionista. Metropoli sconfinate dove l’umanità esecra la solitudine ma che ha pur coscienza dei mali del mondo moderno, della contemporaneità: agglomerati dinamici, multietnici, globalizzanti, eco-sostenibili eppure alienanti ed ostili, a tratti avversi e sfavorevoli. Da qui la scelta di materiali non convenzionali, riciclati, come i supporti di juta dei sacchi di caffè, perfetti ad adattarsi sulla superficie, a regalare sensazioni tattili e visive che dimostrano gli assunti dell’indagine materica alla base del linguaggio di Pappone.
I lavori di Leonardo Pappone, dunque, sono in continuo dialogo con l’orizzonte urbano, che permane – quest’ultimo – quale elemento costitutivo della sua produzione, caratterizzata da moduli divenuti ormai riconoscibilissimi e a cui molti nuovi autori attingono sorprendentemente a piene mani, ritenendoli prototipi e modelli ispirativi.
Per Pappone, la vocazione per le trame architettoniche non conosce altra urgenza se non quella della rilettura del paesaggio antropico 2.0., dominata dal sintetismo e dalla scomposizione dei piani, il cui valore primario è l’interpretazione dello spazio, intesa quale attitudine nel rappresentare quinte e scenari muovendo in direzione dell’esperienza pop del costruttivismo.
Potrebbe essere avvertito, questo prillo inventivo di Pappone (che è certo percorso di crescita e di maturazione nel cammino acclive dell’arte), come uno degli esiti più felici dell’esperienza modernista in Italia, speranzosamente contigua al fervore di rinnovamento degli ultimi anni, testimone di una sua precisa scelta di campo derivatagli senza dubbio dallo studio e dall’osservazione dei lavori dei grandi writers statunitensi, tra i quali Basquiat e Haring (che per primi sdoganarono la Street art), ma anche dai feticci di Enrico Baj e dal surrealismo di Mattia Moreni, per circoscrivere l’ambito di influenza nazionale.
Leonardo Pappone rinviene e rielabora così le ragioni di quelle scelte che erano diventate sperimentali distinguo per quelle generazioni di artisti all’esordio con la “nuova figurazione”, e che adesso riemergono trionfali tra gli innumerevoli e spesso convulsi movimenti e tendenze del XXI secolo, nei quali la febbrilità di emergere è straordinario volano dove si situa l’analisi del nuovo segno e che precisa la riconsiderabilità di una certa ideologia, che per l’estesa coerenza del modernismo è arte tout court.
Leopapp opera su cartone 80×80 cm titolo next city nr. 4 anno 2022
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